Il giudizio di Paride
Gore Vidal
Nato nel cuore della vita politica statunitense, da bambino ha vissuto a lungo con il nonno Thomas Pryor Gore, senatore, che in seguito sarebbe stato un oppositore di Franklin Delano Roosevelt. Dopo aver militato nel Pacifico settentrionale come volontario durante la Seconda Guerra Mondiale, debuttò con Williwaw (1946), che raccontava esperienze belliche (come ben riassume presentandosi come personaggio in L’età dell’oro), cui fece seguito un’opera simile, In a yellow wood. La sua notorietà esplose però con The city and the pillar del 1948, intitolato successivamente nelle varie versioni italiane La città perversa, Jim e La statua di sale. La storia di Jim Willard, marchetta e maestro di tennis, ossessionato da un amore romantico e irraggiungibile, che per la prima volta presentava l’omosessualità negli USA in chiave realistica, senza sottolineature comiche, né tanto meno con il facile ricorso al melò, fece scalpore e determinò la fisionomia dell’autore nel mondo delle lettere e della politica americane, dove ha sempre avuto il ruolo di strenuo oppositore del conservatorismo. Dopo la pubblicazione, che suscitò reazioni violente, ma che gli procurò estimatori autorevoli (tra cui Christopher Isherwood e Thomas Mann, che parla a lungo del romanzo nei suoi Diari), passò quindi a lavorare in teatro, in televisione e nel cinema, dove firmò sceneggiature importanti, tra l’altro, notoriamente, per Ben Hur e in seguito per Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph Mankiewicz e per Parigi brucia? di René Clement.
Straordinario saggista e polemista, ha sempre svolto un ruolo di testimone scomodo della vita americana, come ricostruisce nell’autobiografia Palinsesto e come ben dimostrano anche i saggi raccolti ne Le menzogne dell’impero, tratti per lo più dalla silloge The Last Empire; da segnalare infine la sua carismatica presenza come “performer”, ribadita in infiniti dibattiti nel corso delle campagne elettorali sue o a sostegno di altri (di cui resta memorabile il celebre scontro televisivo del 1968 con Buckley) e non va dimenticata la sua sporadica carriera come attore cinematografico, di cui è notevole esempio il bel cameo come senatore liberal in Bob Roberts di Tim Robbins del 1992.
Amante dell’Italia, che ha sempre considerato una seconda patria, ha vissuto fino a poco tempo fa tra Los Angeles e Ravello, sulla costiera amalfitana. Poi, a causa di continue cure mediche, ha risieduto stabilmente negli USA.
Muore il 31 luglio 2012 a Los Angeles.
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Il giudizio di Paride
Attraverso le vicende del giovane protagonista, Vidal reinterpreta il mito greco di Paride, il principe di Troia che dovette scegliere tra Era, Atena e Afrodite, ovvero: il potere, la saggezza e la bellezza. Philip Warren, ventottenne americano colto e dandy, terminati gli studi universitari si concede un anno sabbatico in viaggio per l’Europa, dopo il quale deciderà cosa fare della sua vita. Appena arrivato a Roma Philip conosce Regina Durham, moglie di un influente politico, con cui inizia un’intricata relazione: Regina gli offre il proprio corpo e lo inizia ai segreti del potere temporale. La storia si sposta in Egitto, dove il giovane si lascia affascinare da Sophia Oliver, un’archeologa ascetica ed erudita. Infine, a Parigi, è la bellissima Anna Morris a stregarlo. Peccato che la donna abbia un marito insopportabile e geloso… Come Paride, Philip è inquieto e scettico; è attraente, raffinato, desideroso di conoscere il mondo – per questo motivo è oggetto di attenzioni particolari nell’alta società, dove suscita curiosità e turbamenti. Scritto nel 1952 e ambientato negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, Il giudizio di Paride trasforma la leggenda in storia, reinventando il mito greco in una chiave politica oggi attualissima: durante il viaggio Philip constata che i musulmani iniziano a detestare gli americani in modo “non ancora” pericoloso, discute della fine dell’antropocentrismo e fa i conti con la spregiudicatezza dei politici statunitensi. Il sarcasmo e la raffinatezza di uno degli scrittori più eclettici del mondo vanno a segno ancora una volta, facendo de Il Giudizio di Paride un romanzo unico e profetico.
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