Cara bambina. Lettere dall’Italia alla figlia (1747-1761) – (nuovo 1 ed. 2014)
Cara bambina. Lettere dall’Italia alla figlia (1747-1761) – (nuovo 1 ed. 2014)
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Cara bambina. Lettere dall'Italia alla figlia (1747-1761) - (nuovo 1 ed. 2014)
Quando, nel dicembre 1747, ritorna in Italia, Lady Montagu è una cinquantottenne insieme appagata e disillusa.
Alle spalle si lascia le sequenze di una parabola romanzesca: la precoce vocazione letteraria; la fuga e il matrimonio contro la volontà paterna; l'ascesa nella società politico-intellettuale inglese; il soggiorno, accanto al marito ambasciatore, a Costantinopoli, da dove importerà un metodo di immunizzazione dal vaiolo (la malattia che ha oltraggiato la sua bellezza); l'epilogo deludente della relazione con il letterato Francesco Algarotti.
All'orizzonte sembra dunque profilarsi una vecchiaia solitaria, «non dissimile da quella di Robinson Crusoe».
L'autunno della vita le riserverà invece la grazia di un insperato equilibrio e di una saggezza dolorosa, rischiarata dalla luce dei luoghi dove per lo più risiede: quello «straordinario punto della Terra» tra il lago d'Iseo, le terme di Lovere e gli «invalicabili» monti circostanti. Ne sono testimonianza queste vibranti lettere a Lady Bute, moglie del Primo ministro d'Inghilterra, diagramma di un rapporto tra madre e figlia di toccante intensità, nelle quali Lady Montagu si dedica a un vero e proprio scavo della natura umana e nel contempo indica a Lady Bute le vie di una pedagogia libertaria e antiretorica, e di un'emancipazione realistica ma inflessibile.
Informazioni aggiuntive
Dimensioni | 18 × 2,5 × 20,8 cm |
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Lady Mary Wortley Montagu, nata Pierrepont (Holme Pierrepont, 15 maggio 1689 – Londra, 21 agosto 1762), è stata una scrittrice, poetessa e aristocratica inglese. Montagu è principalmente ricordata per le sue lettere, in particolar modo quelle scritte dalla Turchia, che sono state descritte da Billie Melman come “il primo vero esempio di lavoro laico svolto da una donna sull’Oriente Musulmano”.[1] È anche conosciuta per aver promosso in Inghilterra la tecnica della variolazione, che consisteva nell’inoculare virus vivi, presi dal pus delle pustole del vaiolo di persone che hanno contratto la malattia in modo lieve
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